Con la diminuzione progressiva dell’efficienza delle batterie che circondano e “alimentano” la nostra vita – quello cioè che viene comunemente chiamata “obsolescenza” -, già da qualche anno si è “aperta” una variegata e interessante nicchia (che ad oggi però ha già assunto dimensioni abbastanza importanti) di rifiuti: quella degli apparecchi “energetici” che permettono il funzionamento di tutta una serie di “apparecchi” di uso più che comune.
Chi ha già superato i 40 anni ricorderà i walkman o i lettori cd portatili: ad un certo punto smettevano di girare e di riprodurre musica. Ma mentre i secondi smettevano “di botto”, i primi iniziavano piano piano a rallentare sino a fermarsi. Cosa si faceva quindi? Taschino dei giubbotto di jeans, apertura del coperchio e via, si inserivano le pile nuove. Pile che oggi forse non finiscono più nei “riproduttori” sonori ma che hanno ancora un’ampia diffusione e un impiego altrettanto capillare in altri oggetti: dal telecomando della televisione agli orologi a muro. Sono le celebri “pile alcaline”, piccole e lunghe, che negli anni Ottanta “uscivano” anche in versione ricaricabile.
A causa del loro potere inquinante, lo voglio ricordare, le pile non vanno mai buttate tra i rifiuti urbani, ma vanno smaltite a parte. IAM, tra i vari servizi che è in grado di offrire, dà anche la possibilità a imprese e cittadini di conferirle.
Il mercato delle batterie però non si limita a quelle “alcaline”, anzi: con i progressi della tecnologia, oggi ci troviamo ad avere a che fare anche con quelle al litio. Mi riferisco in particolar modo a quelle utilizzate dal settore automotive della Repubblica di San Marino: il litio, ci dicono gli esperti, è oggi uno dei componenti più importanti per la transizione verso la mobilità elettrica. Le concessionarie del territorio stanno incontrando più di una difficoltà, anche in virtù della crescita della vendita di automobili “green”. Perché? Ve lo dico subito: gli impianti di trattamento finale di questa tipologia di rifiuti non si trovano in Repubblica ma in Italia e non sono molti. Anche perché presentano più di una problematica. Mentre la plastica e il vetro e altri materiali presentano rischi quasi nulli o comunque piuttosto contenuti, le batteria al litio sono esplosive e basta poco per farle “saltare”, con conseguenze facilmente immaginabili. Immaginate un impianto che “accoglie” litio, carta, legno, eccetera. Non credo servano ulteriori spiegazioni.
Ma il discorso “batterie” non si ferma qui. Le “batterie” difatti vengono impiegate anche nei pannelli fotovoltaici, quelli che servono per generare “energia pulita”. Dalle prime installazioni è già passato qualche lustro (la loro “vita”, indicativamente, è stimata attorno ai 20 anni) e iniziamo a ricevere qualche richiesta e qualche delucidazione sullo smaltimento. In questo caso possiamo dare molte rassicurazioni: è un rifiuto che trattiamo e che “riceviamo”. Poiché i pannelli contengono celle di silicio, vengono gestiti come RAEE. La Direttiva 2012/19/EU difatti sottolinea che la tipologia dei pannelli fotovoltaici per lo smaltimento si suddivide in due categorie: i “RAEE domestici”, ovvero i rifiuti derivanti da pannelli fotovoltaici di potenza inferiore ai 10 kW (quelli più presenti a San Marino) e quelli superiori ai 10 kW, chiamati “RAEE professionali”. I primi vanno conferiti ai “Centri di Raccolta” mentre i secondi in un impianto di trattamento autorizzato.